L'Alto Adige è una zona che, al contrario di altre, è rimasta fedele da sempre ad uno stile ed a una logica territoriale.
Come regione autonoma si sono sempre mossi per tutelare il propri paesi di montagna più che favorire concentrazioni urbane, tutelare la terra e il lavoro di numerosi agricoltori piuttosto che passare a logiche industriali. Io trascorro sempre volentieri qualche settimana in Alto Adige e tutto sommato ci sono degli equilibri che invidio molto.
Proprio l'isolamento è diventato la sua vera forza, perchè ne beneficia l'intera comunità e non solo qualche settore.
Anche il vino si è sempre svincolato da ogni politica commerciale moderna, rimanendo integro nella lavorazione sia di cantina che in vigna. Non mi hanno mai esaltato, ma non mi hanno mai deluso, anzi con il passare degli anni li rivaluto sempre di più per la sua freschezza e bevibilità.
Tornando al vino vi rimetto il link a Simone che lo ha degustato: http://simodivino.blogspot.it/
Questa bottiglia di St. Magdalener è l’occasione giusta per tornare in Alto Adige, terra di eccellenza nella produzione di vini bianchi, ma in grado di stupire anche con i vitigni a bacca rossa. Tra le uve autoctone dominano il Lagrein e la Schiava, presente soprattutto sulle colline che circondano Bolzano, tra cui la sotto zona per eccellenza di Santa Maddalena, dove é situato il maso Griesbauerhof, di Georg Mumelter storica cantina in località Rencio, Qui vengono coltivati circa 3 ettari e mezzo di vigneti, tra uva autoctone e internazionali, su terreni argillosi-sabbiosi, da cui si ricavano circa 30.000 bottiglie l'anno.
Il St. Magdalener Classico viene prodotto con uva Schiava in percentuali superiori al 95% e a completamento il Lagrein. La produzione di questo 2012 é di circa 15.000 bottiglie, ricavate dai caratteristici vigneti a pergola, con rese piuttosto elevate di circa 100ql/ha. L'età delle viti é variabile, da quelle più giovani a quelle con oltre 50 anni di età, coltivate in maniera etica e rigorosa. Per realizzare questo "Classico", le uve vengono raccolte ad inizio ottobre, con macerazione sulle bucce e lieviti selezionati per 7-10 giorni. L'affinamento dura alcuni mesi in grandi botti di rovere, per passare in bottiglia nei primi giorni di Aprile.
Si presenta giovane, vestito di un rosso rubino scarico ma brillante, magro e snello, pulito e trasparente. Immaginatevi di essere a metà strada tra un rosè e un vino nero. Naso sottile ma di buona persistenza, che gioca soprattutto su note floreali, come rosa e violetta, lasciando il frutto mai "marmellatoso" leggermente sottotraccia. La beva è piuttosto facile e piacevole, vino tutto sommato scorrevole e pulito, che gioca soprattutto le carte della mineralità e della sapidità, poco tannico e poco alcolico, a cospetto della sua gradazione (13%vol), senza disdegnare un tocco di dolcezza (ciliegiosa) al palato, ma senza ingentilirsi troppo.
A gusto personale, non è una tipologia di vino per cui stravedo, ma al contempo devo riconoscere che si tratta di un rosso particolare, espressione tipica espressione del territorio di provenienza. Definiamolo pure originale, soprattutto per chi non lo ha mai assaggiato ed è abituato ai soliti nomi prodotti con lo stampino. Vi avviso… se siete tra quelli che amano i vini “tutta ciccia e brufoli”, con questo Santa Maddalena potreste rimanere spiazzati. Se invece anche nei rossi amate i vini “sgrassati” e dalle note aromatiche non scontate, potreste trovare in questa bottiglia, spunti di interesse.
Il punto di forza di questo vino sta proprio nella sua capacità di essere espressione di un territorio particolare. Le calde giornate estive che danno maturità al frutto, la mineralità rocciosa dei suoli, la snellezza che ti aspetti da un vino di montagna. Manca un po’ di complessità, di lunghezza, di succosità… e anche eleganza… un buon vino di territorio, ma nulla più… il che rimane comunque un gran bel pregio a cospetto di milioni di bottiglie prodotte con lo stampino e difficili da distinguere tra di loro. Da bersi giovane, fresco e poco adatto ai lunghi invecchiamenti.
Vino da abbinamento trasversale, grazie alla sua beva facile e scorrevole, alla sua snellezza, alle sue tinte non troppo cariche si sposa bene con piatti non troppo saporiti o consistenti. Con le dovute differenze rientra in quella categoria di rossi (così come il Grignolino ad esempio) che ben si sposa con le carni bianche, i formaggi non troppo stagionati, gli antipasti e perché no, con del pesce in umido… Comunque un vino da provare, almeno per chi come il sottoscritto, ha sete "esplorativa”